Per chi suona la campanella?
“Chi ascolta dimentica,
chi vede ricorda,
chi fa impara”.
Le riflessioni di un preside.

– A scuola, come nella vita, non possiamo disgiungere l’apprendere dal fare. Si impara con il cervello, con le mani, con tutti i sensi e con il cuore.

In ogni scuola sono fondamentali i laboratori della manualità da svolgere anche all’aperto. Il laboratorio non è il luogo “extracurricolare” dove “si fa e si apprende altro dai saperi e dai programmi”.

– I saperi non sono un bagaglio da travasare, ma vanno costruiti insieme. La conoscenza non va depositata o etichettata, ma va rielaborata criticamente per diventare strumento di formazione e non solo di informazione.

I saperi minimi di base, quelli essenziali e utili alla vita, non possono essere spezzettati e inseriti in programmi rigidi definiti nei minimi dettagli. È importante lavorare sui nuclei fondamentali e sull’apprendere per schemi logici. La formazione è questione di rendere coscientizzazione, di maturazione attraverso la riflessione critica e di elaborazione di mappe concettuali, dove le discipline si contaminano reciprocamente.

– L’educazione, come l’apprendimento, è un processo dinamico che partendo dal motivo occasionale, ossia dalla realtà, conduce alla conoscenza.

Tale percorso, “l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio”, come definito da don Lorenzo Milani, va compiuto tenendo conto dei saperi, delle abilità e delle competenze indispensabili all’allievo della scuola di base per comprendere, ad esempio, l’articolo di fondo del giornale, come avrebbe “verificato” la Scuola di Barbiana.

– Le ore che si trascorrono a scuola devono avere carattere unitario.

A ben poco servono la rigida suddivisione delle discipline in unità didattiche o di apprendimento, a seconda delle riforme, nonché i ritmi di apprendimento scanditi da orari cronologici fissi. Ma… per chi suona la campanella?

– Sbagliando si impara. Per prova, per errore e per gioco.

È così che la scuola, lungi dall’essere l’anticamera di una azienda, potrà diventare il luogo della lentezza, del “non assillo”, funzionale all’apprendimento creativo e al gioco. A scuola si va anche per divertirsi nel senso etimologico della parola, ossia “scantonare e fare cose sempre diverse”.

– Si capisce bene cos’è una scuola quando la viviamo come se fosse il luogo dove si entra competitivi, aggressivi, razzisti e, dopo aver lavorato e studiato insieme per bisogni comuni, si esce rispettosi degli altri, amici, tolleranti.

La scuola è un concentrato di esperienze, una “grande avventura” che può essere vissuta come se fosse: un viaggio, un libro da scrivere insieme, uno spettacolo teatrale, un orto da coltivare, un sogno da colorare….

Gianfranco Zavalloni
www.barbiana.it - www.scuolacreativa.it