Sciare col cervello destro
A quel punto su un pendio ripido,
appena questa relazione ritmica tra neve e gravità si è creata
non esiste più un io che si interpone tra neve e montagna,
ma un fluire interattivo continuo
Sperimentare la differenza tra l'emisfero destro e sinistro del cervello nello sport.
Un giorno il famoso fotografo di sci, Warren Miller, arrivò ad Alta. Ero uscita per andare a sciare e i miei amici skiliffisti dissero che in quel momento mi aspettavano in cima al Peruvian Bowl perché Warren Miller voleva scattare alcune fotografie.

Per caso stavo andando là e lungo il tragitto incontrai alcuni miei amici. Era una mattina perfetta con quasi un metro di neve fresca, per cui ci incamminammo verso il traverso che conduce al Peruvian. Scendere quel pendio, in quella neve fresca, tutti noi insieme contemporaneamente, fu un’esperienza di totale felicità. Ci riportammo poi in cima al Peruvian per incontrare Miller. Attraversammo fino ad una zona senza tracce dello stesso pendio. Si trattava della stessa perfetta neve fresca, dello stesso pendio, degli stessi sciatori. Tutti noi ci si aspettava di vivere la stessa grande discesa della volta precedente. Warren Miller piazzò la sua macchina fotografica in un luogo a metà del pendio in modo da ottenere delle immagini con la luce sullo sfondo man mano noi scendevamo. Partimmo, iniziammo a scendere, ma una volta giunti in fondo non ci fu alcuna felicità!

Guardammo verso l’alto e le nostre tracce erano belle tanto quanto quelle della nostra prima discesa; ma si trattava di una sensazione completamente differente. Più tardi mentre risalivo in ski-lift realizzai perché. Durante la seconda discesa dovevo pensare a dove girare e ciò mi separò da quella interazione in essere tra neve e gravità. Scoprimmo che tutto questo accadeva quando dovevamo sciare per un fotografo ed eseguire le curve in posti specifici.

Come mi è capitato di scoprire, anche allo sciatore solitario di neve fresca può capitare di negare all’essere la possibilità di apparire ed essere. La causa può essere tanto semplice come nel caso di un fotografo che si accinge a fotografare uno sciatore durante la sua prossima discesa. Benché sia la stessa mattina, la stessa neve cristallina e leggera, l’uomo coinvolto in questa situazione ha messo tutto a disposizione, ha subordinato tutto, al fine di sciare bene per il film; per cui l’Essere e gli esseri viventi si ritirano.

La neve non è più un dono proveniente dal cielo ma un semplice mezzo per la riuscita di un buon film; un animale non è più una sperata (inattesa) apparizione dell’essere, ma semplicemente qualcosa che aggiungerà pregio al film o forse causerà problemi all’esecuzione di quella curva perfetta. L’Essere si ritira – il cielo, la terra e gli dei, tutti si ritirano – e ciò che rimane è una discesa tecnicamente perfetta lungo il pendio, che sembrerà perfetta sullo schermo e farà la fortuna del fotografo; ma in essa non c’è Essere e la mancanza si sente nel profondo vuoto che sentiamo dentro di noi.

D. La Chapelle