E così non solo ci abituiamo a nasconderla, a ingoiarla, ma, soprattutto, ne vediamo solo l’aspetto negativo. Come se fosse, sempre e comunque, sconveniente. Ecco, dopo due giorni di esperienze sulle linee di forza interne al mio corpo, non ho trovato soltanto la rabbia, ho trovato un altro me che la rispetta, ne vede i lati positivi e la può usare esattamente come una delle altre risorse a disposizione. Mentre me ne stavo in piedi, durante l’ultima esperienza, e tremavo come non mi era mai successo, l’ho sentita arrivare. Tremavo fortissimo, ma c’era questo filo, sottile e resistente come il filo della ragnatela, che partiva da terra e saliva su.
E quel filo aveva dentro tanta forza e tanta rabbia. Ed era una rabbia buona: mi vuole difendere! Mi aiuta a stare in piedi di fronte agli attacchi! Mi toglie insicurezza! Posso stare a testa alta. Senza supponenza, centrato. È come se sentissi che quello che so/voglio/penso è così mio che non importa più se è giusto o sbagliato, bello o brutto, stupido o intelligente. È mio e quindi è vero e quindi è molto prezioso.
È un senso di ingiustizia verso una cosa inesatta. Non importa chi ne sia l’autore, da che parte arrivi. A me importa solo che questa cosa è inesatta e fuorviante. Prima di questa esperienza mi sarei arrabbiato, ma non avrei osato fare nulla. Osare è la parola giusta. Ora non posso non intervenire. Questo significa gestire e usare la rabbia. È una forza non solo molto determinata, ma anche chirurgica quanto a precisione. E non vuole necessariamente raggiungere uno scopo, ma soprattutto permettermi di fare chiarezza dentro di me.