È sempre colpa delle nonne
Perché risovere il problema della malaria dipende dalle nonne?
Stavo facendo lezione all’Istituto Karolinska, spiegando che le grandi aziende farmaceutiche non conducono alcuna ricerca sulla malaria né sulla malattia del sonno o su altre patologie che colpiscono solo i più poveri.

Uno studente seduto in prima fila disse: «Prendiamole a pugni in faccia». «Ah-ah» feci. «A essere sincero, quest’autunno ho in programma una presentazione per la Novartis.» (È una multinazionale svizzera, ed ero stato invitato a tenere una conferenza.) «Se mi spieghi cosa otterrò e chi dovrei prendere a pugni, potrei provarci. A chi dovrei dare un pugno in faccia? A chiunque lavori lì?» «No, no, no, no. Al capo.» «Ah-ah. Okay. Daniel Vasella.» Era lui il Ceo all’epoca. «Be’, lo conosco un pochino. Quando lo vedrò, devo dargli un pugno in faccia? Poi si sistemerà tutto? Diventerà un bravo capo e si renderà conto di dover cambiare le priorità di ricerca dell’azienda?»

Un altro studente rispose: «No, il pugno in faccia se lo meriterebbero i membri del consiglio d’amministrazione». «Questo sì che è interessante, perché probabilmente terrò una presentazione per loro nel pomeriggio. Dunque resterò calmo la mattina quando vedrò Daniel ma, quando entrerò nella sala del consiglio, me ne andrò in giro e colpirò più membri possibile. Naturalmente, non avrò tempo di stenderli tutti… Non ho esperienza di combattimento e lì hanno un servizio di sicurezza, perciò quasi sicuramente mi fermeranno dopo i primi tre o quattro.

Comunque, è questo che devo fare? Pensate che così il consiglio d’amministrazione modificherà la sua politica di ricerca?» «No» intervenne un terzo studente. «La Novartis è una società di capitali. A decidere non è il capo né il consiglio d’amministrazione. Sono gli azionisti. Se il consiglio cambia le sue priorità, gli azionisti ne eleggeranno uno nuovo.» «Esatto. Sono gli azionisti a volere che l’azienda investa i loro soldi nella ricerca sulle malattie dei ricchi. È così che si assicurano un buon rendimento.» Pertanto i dipendenti, il capo e il consiglio d’amministrazione erano stati scagionati. «Orbene, la domanda è: chi possiede le azioni di queste grandi case farmaceutiche?» ripresi guardando il primo studente. «Be’, i ricchi» disse con un’alzata di spalle. «No. In effetti, è interessante, perché le azioni farmaceutiche sono molto stabili. Quando il mercato azionario sale e scende, o i prezzi del petrolio oscillano, le azioni farmaceutiche continuano a garantire rendimenti piuttosto costanti. Molti altri tipi di titoli azionari seguono l’economia–le loro performance migliorano o peggiorano a seconda che le persone spendano o risparmino–, ma i malati di cancro hanno sempre bisogno di cure. Dunque chi possiede le azioni di queste società?»

I giovani membri del mio pubblico mi guardarono con espressione perplessa. «I fondi pensione.» Silenzio. «Allora forse non avrò nessuno da prendere a pugni, perché non incontrerò gli azionisti. Ma voi sì. Questo fine settimana andate a trovare vostra nonna e datele un bel pugno in faccia. Se sentite il bisogno di accusare e di punire qualcuno, prendetevela con gli anziani e la loro avidità di azioni stabili. «Vi ricordate dell’estate scorsa, quando siete partiti per le vacanze e la nonna vi ha regalato un po’ di soldi? Bene. Forse dovreste ridarglieli, in modo che possa restituirli a Novartis e chiederle di investire nella sanità dei poveri. O forse li avete già spesi e dovreste prendere a pugni voi stessi.»

Hans Rosling