Io lo faccio meglio, tu allunghi la gamba di più, io mi contorco come nessun altro. O, peggio ancora, una sorta di competizione con se stessi per riuscire ogni giorno a spingere di qualche millimetro il piede dietro la testa o saltare in verticale come un ginnasta alle olimpiadi. Oltre al prevedibile rischio di stressare il corpo, e farsi male, va chiarita una cosa: questo non è yoga. Nella vita quotidiana, come spiega “La Guida allo yoga” della Harvard Medical School, siamo già portati a chiederci se diamo abbastanza nel privato come nel lavoro. Se siamo abbastanza produttivi, bravi, magri e attraenti. Lo yoga, invece, dovrebbe incoraggiarci ad avviare un processo di comprensione e di accettazione del nostro corpo. In altre parole, dovrebbe sostenerci nelle difficoltà quotidiane.
Non solo. Dovrebbe aiutarci ad affrontare la pratica (e la vita) con atteggiamento gentile e paziente. Il suggerimento, soprattutto se siete in una fase della vita in cui tendete a biasimarvi, è di cercare di inserire nella pratica un atteggiamento di accettazione di se stessi e dei propri limiti. Lo yoga non chiede il successo, il raggiungimento degli obiettivi o la prestazione perfetta.
Casomai chiede di offrire con passione e gentilezza. Solo in questo modo chi ha difficoltà sarà in grado di capire in quale punto della pratica è rimasto bloccato. E forse riuscirà a migliorare anche quella posizione che sembrava inarrivabile. Ricordando che non è comunque questo l’obiettivo finale.