Per lui era equivalente a chiedere: “Perché?”. Per lui erano due domande tabù, sosteneva che chiedere ad un paziente: “Come stai?” significava spingerlo nell’egotismo (atteggiamento psicologico che consiste nel culto di sé e nel compiacimento della propria persona e delle proprie qualità. Ndr).
Un’alternativa meno dannosa per chiedere la stessa cosa è: “Cosa senti?”. In pratica, si porta sempre il cliente su un piano egotico, spingendolo però a concentrarsi sulle sensazioni. Chiedere: “Come stai?” lo porta a emettere un giudizio finale prima ancora di cominciare, come se tutto il passaggio fosse già compiuto: è stato in contatto con le sue sensazioni e le ha giudicate, punto. Lo si spinge in pieno nell’egotismo.