Senza maschera
Perchè gli esseri più vicini alla trascendenza sono i bambini.
Intervista di Ima Sanchìs a Juan Pedro Romera

Le storie sono strumenti creati dall’umanità per la trasmissione della conoscenza.

Ci insegnano a vivere?
Storie e miti sono un diario di bordo su come vivere. E hanno la capacità di intrattenere la nostra mente, sempre con giudizio, di far sgattaiolare attraverso la porta sul retro, con il linguaggio dei simboli, l’insegnamento di cui abbiamo bisogno per costruire la nostra vita.

Le storie sono una bussola?
Sì, sono metafore per le questioni essenziali della vita. Non c’è cultura senza i suoi miti e le sue storie: l’intera umanità viaggia verso lo stesso luogo ma con mappe diverse.

Cos’è quel posto?
Tornare alla sorgente, a casa, come eroe. Quando entri nel silenzio, cioè quando ti connetti con te stesso, quando smetti di fare interpretazioni di ciò che vedi e di ciò che senti, ti connetti veramente con l’esterno e capisci che tutto ha un significato, che la vita è come un arazzo sacro.

Sta parlando della trascendenza.
Sì, perché la trascendenza è la connessione con la vita, e la trama della vita è sottile, la vedi nella poesia, nella bellezza, nella comprensione dell’altro, nella natura… Penso che i bambini siano quelli più vicini alla trascendenza.

Perché vivono nel presente?
Sì, e perché hanno un aspetto schietto. Quando invecchiamo parliamo dalla maschera. Il mio compito è quello di togliere quella maschera in modo che l’essenza della persona venga fuori, perché credo che in quella essenza ci sia il meglio di ognuno di noi.

Dal quotidiano La Vanguardia