Il recupero del corpo nella musica
Sensibilizzare l’organismo alla percezione delle vibrazioni sonore.
Il far musica, un tempo necessario per ascoltare e conoscere le musiche (si pensi alle ottocentesche trascrizioni per pianoforte di sinfonie e melodrammi), quasi scomparve con l’avvento della musica riprodotta.

Ora viene riscoperto non solo per reazione ad un ascolto passivo, ma anche e soprattutto per esigenze legate ad una globale fruizione psicosomatica della musica. Ad una presa di coscienza di un corpo agito e non solo passivamente vissuto.

E nel canto, che è amplificazione «emotiva» della parola, la prima espressione musicale, la più spontanea, la più naturale, perché originata e agita nello stesso psicosoma, noi stessi diventiamo corpi vibranti. Il nostro corpo, allora, non è più soltanto strumento di risonanza passiva, ma attivamente emette vibrazioni le quali, oltre che coinvolgere le nostre stesse strutture, vanno a far risuonare altri corpi.

Quindi nella prassi musicale, sia vocale che strumentale, viviamo ancor più intimamente quel contatto psicofisico completo con tutti gli armonici del suono, in quanto noi li produciamo direttamente.

In ogni caso anche se il nostro rapporto con la musica si limita all’ascolto, dobbiamo continuamente sensibilizzare il nostro psicosoma alla percezione, il più coinvolgente possibile, delle vibrazioni sonore.

Giovanni Ansaldi