Fortezza o conversazione?
Le conversazioni sovvertono la gerarchia.
Rivelare la propria natura
di essere umano in mezzo agli altri
sovverte la gerarchia.
Ad un certo punto, abbiamo confuso l’andare al lavoro con il costruire una fortezza.

Togliamo via il mucchio di sciocchezze finanziarie e il gergo manageriale, ed ecco cosa rimane della nostra idea fondamentale del business:

– E’ un imponente edificio d’uffici che si erge come una torre sul paesaggio circostante.

– Dentro c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

– E questo va bene perché fuori ci sono i pericoli. Siamo sotto assedio da parte dei nostri competitori, e persino dai nostri partner e clienti. Grazie a Dio ci sono quei muri aziendali così grossi e alti!

– Il re comanda. Se abbiamo un re saggio, tutti prosperiamo.

– Il re ha una corte. I duchi, i visconti e gli altri aristocratici ricevono tutti la loro autorità dal re. (Il re tollera perfino un buffone di corte. Entro certi limiti).

– Ognuno di noi ha il suo ruolo, il suo posto. Se ognuno svolge il lavoro assegnatoli dai galoppini del re, la nostra fortezza abbatterà tutte le altre maledette fortezze.

– E poi avremo ottenuto il successo, pensando che sia la stessa cosa, diremo che abbiamo “vinto”. Ci è concesso ballare una stupida danza mentre cantiamo «Numero uno! Numero uno!»

Questa fortezza è nella sua essenza, un luogo a parte. Ci presentiamo lì tutte le mattine e passiamo le seguenti 8, 10, o 12 ore isolati e inaccessibili al mondo “reale”. La saracinesca della fortezza cala non solo per tenere fuori i nostri nemici, ma anche per separarci dalle distrazioni, come per esempio le nostre famiglie. Non appena il ponte levatoio si chiude alle nostre spalle, diventiamo uomini d’affari, tanto diversi dalla nostra normale personalità che quando portiamo i bambini in ufficio per la prima volta capita spesso che si nascondano a piangere sotto la scrivania.

Il vero opposto di una fortezza non è una città senza mura.

E’ una conversazione.

D. Weinberger
dal libro Cluetrain Manifesto