Anno sabbatico
I carrieristi non sono presi tanto dal lavoro,
quanto dalla ricerca di identità attraverso il lavoro,
l’avanzamento di carriera e i simboli del successo.
R. Garland
Quali le conseguenze economiche, sociali e personali dell'utilizzo di questa consuetudine accademica in altri campi?
Una particolare idea si sta espandendo nel nostro mondo anche se ancora in modo limitato. È quella per cui chi lavora possa prendersi un anno sabbatico. Attualmente questo è un privilegio riservato quasi esclusivamente al mondo accademico.
Notiamone le implicazioni. Prendersi un anno sabbatico significa prendere un congedo dal proprio lavoro, ogni sette anni, per rinnovarsi e magari ritornare al proprio lavoro con maggiore comprensione e entusiasmo.

Che succederebbe se tutti coloro che lavorano potessero usufruire di un anno sabbatico? Potrebbero tornare a scuola ogni sette anni o stare un anno a casa con la famiglia o viaggiare o leggere o fare del volontariato o aiutare i giovani, i carcerati, gli anziani. Come questo influenzerebbe l’anima di tutti noi quando ritorniamo al lavoro? Come potrebbe contribuire ad eliminare la disoccupazione? Se il 14% della forza lavoro è assente ogni anno questo dovrebbe significare che c’è lavoro per un altro 14% di persone. Cosa ne pensate dell’idea che tutti i giovani prendano un anno sabbatico per una ricerca e formazione spirituale?

L’idea di un anno sabbatico per tutti non è eccessiva come sembra. Il teologo tedesco Geiko Muller-Fahrenholz si chiede come mai il congedo sabbatico deve essere una cosa elitaria riservata solo al mondo accademico. Egli lo vede analogo al congedo per maternità. “Questo anno di libertà permette di avere tempo per necessità specifiche, per lo sviluppo professionale o personale e non meno importante per sviluppare una comprensione della vita e non solo della vita lavorativa.” Alla domanda “Chi paga per questo?” egli risponde che l’anno sabbatico dovrebbe essere inteso come anni pensionistici anticipati inseriti ad intervalli regolari per tutta la durata della vita lavorativa di una persona.

Il primo anno cadrebbe a circa trent’anni; il secondo fra i trentacinque e i quaranta; il terzo a metà dei quaranta; il quarto sui cinquanta e il quinto verso i sessant’anni.

I datori di lavoro ne avrebbero un effettivo beneficio in quanto le persone ritornerebbero al lavoro con una istruzione migliore e molto più motivati. Solo il fatto di mantenere l’orario di lavoro a 40 ore settimanali invece di ridurle a trentacinque porterebbe ad un accumulo di ore pari a 5 anni di congedo sabbatico.

L’idea del congedo sabbatico avrebbe due grandi vantaggi nella soluzione di due pressanti temi: la disoccupazione e la crisi da pensione. Pensate a tutte le persone che vanno in pensione e non sanno cosa fare del loro tempo libero. Avendo avuto nella loro vita lavorativa 5 anni liberi essi avranno imparato come gestire il proprio tempo libero.

Inoltre ci sarebbe un grande sviluppo delle attività che fanno bene allo spirito come lo studio, l’arte, la meditazione, il giardinaggio, le cure parentali, il lavoro nella comunità e l’organizzazione politica. Aggiungerei che ci sarebbe anche un prosperare di rituali: rituali per i riti di passaggio e rituali che segnano le fasi dei nostri sette anni che includono essere genitori, nonni, menopausa e vecchiaia.

Questo significherebbe probabilmente anche minori costi sanitari e meno malattia da stress; rivitalizzerebbe anche il nostro atteggiamento verso la vecchiaia dato che continueremmo a sviluppare la nostra creatività lungo tutti gli anni del congedo sabbatico. Un anno sabbatico strutturale per tutti creerebbe un vacuum spirituale dal quale potrebbe sorgere un rinnovato senso dell’anima e dello spirito.

M. Fox