Somatica e prevenzione della violenza
Facendo sentire la propria forza
calano le probabilità di comportamenti violenti.
Come si può spiegare questo meccanismo?
Facendo sentire la propria forza alle persone calano i comportamenti violenti.
Uno degli ambiti in cui applico l’analisi del movimento è all’interno del programma di prevenzione della violenza di cui mi occupo da molti anni. Dopo centinaia di ore di osservazione del movimento di bambini e ragazzi posso dire con sicurezza che il punto chiave che genera un vero cambiamento è insegnare a percepire nuovamente il peso del proprio corpo e il senso della propria forza.

Spesso mi trovo davanti a giovani adolescenti che sono come senza peso. Sono così annoiati, depressi, non gliene importa di niente. I loro corpi dicono: non abbiamo alcun potere, quindi non ci interessa nulla. Microcriminalità, giornate passate nelle sale giochi, nella più completa indolenza. È come se fossero immersi in una cultura dell’apatia, dove non esiste pathos, passione. Detto in termini somatici: questi ragazzi hanno smesso di usare il proprio peso.

Abbiamo tutti, al contrario, un bisogno fondamentale: sentire che esercitiamo una pressione sulla terra, che creiamo un’impronta, che il nostro esserci ha un effetto. Per poter dire: mi interessa e mi interessa abbastanza per poter agire, ho bisogno di sentire questo peso, sentire la spinta e la qualità della forza. In questa ricerca ho collaborato con molti altri docenti. Sono andata dappertutto: licei, palestre di arti marziali, studi di danza e corsi di teatro per trovare insegnanti interessati a sviluppare un programma di prevenzione della violenza attraverso il movimento. Educatori che in un modo o nell’altro riuscissero ad interessare i ragazzi e a farli accedere al loro potere. E’ stato molto interessante nell’ambito del teatro. “Ok adesso alzati”, diceva l’insegnante con voce forte. Alzarsi è il primo passo per sentire il peso. “E adesso mostrami la tua rabbia, mostrami la tua forza. Dimmi cosa vuoi, cosa desideri”.

intervista raccolta da R. Denicolò