Rappresentare certezze
L’animo umano è portato a far patire “a chi viene dopo” tutto il subìto da “chi c’era prima”.
Il risultato è la riproposta del vecchio: modelli corporativi a difesa degli spazi operativi di una categoria a cui sarà, per la stessa logica, sempre più difficile accedere.
Possibile che solo la legge sia in grado di far valere l’autorevolezza e le competenze?

Forse si dimenticano che “vecchi” di un anno lo siamo stati tutti e che siamo cresciuti proprio perché abbiamo condiviso spazi occupati da persone autorevoli, preparate e capaci. Che la nostra identità professionale e le nostre competenze sono frutto tanto di successi, quanto di insuccessi.

Ma oggi che siamo diventati grandi e importanti non possiamo più permetterci di essere quello che eravamo: passionali, curiosi, impegnati, attenti, rispettosi, accoglienti. In grado di stupirci e capaci di stare con le domande aperte. Con un sacco di voglia di imparare e sempre rispettosi delle imprevedibili risposte della vitalità del cliente.

No. Oggi dobbiamo sapere, conoscere. Dobbiamo saper dare risposte certe, definitive. Dobbiamo saper rispondere alle nuove esigenze della clientela(?). Dobbiamo rappresentare certezze. Quello a cui mi sembra di assistere è un processo di restaurazione degli stessi principi culturali e operativi a cui ci siamo opposti per tanto tempo: stessi giochi di potere, corporativismo, accessi difficoltosi alle associazioni professionali, iter formativi stabiliti in base a principi di conformità invece che di utilità.

Silvio Mottarella
dalla rivista Shiatsu-do