Sono però contrarissima a questa nostra ossessione egualitaria per cui tutti i libri sono sullo stesso piano, a questo nostro terrore di scegliere, e chiedere, e proporre cose difficili e faticose, grandi e lontane. Io voglio che la scuola faccia fare cose difficili e faticose. Anzi, più difficili sono, meglio è.
Inoltre la scuola deve sapere che cosa vuole che i giovani sappiano. Deve saperlo, e quindi autorevolmente e dolcemente imporlo.
Dolcemente. Dobbiamo attuare un’imposizione dolce, come se non fossimo cosi sicuri di non sbagliare, ma nello stesso tempo fossimo molto determinati e convinti dei nostri amori. Dovremmo parlare con grande sincerità ai nostri allievi, dir loro: guardate, per noi è difficile separarci da questi libri, può darsi che abbiano fatto il loro tempo, d’accordo, ma a noi sembrano ancora così ricchi e parlanti.