L’insegnante demagogo e quello pedagogo
I professori demagoghi sono quelli che fanno finta di essere degli adolescenti per conquistarsi la simpatia degli allievi.
È un atteggiamento che infantilizza sia i professori che gli studenti. In realtà, i giovani hanno bisogno di confrontarsi con degli adulti veri, la cui presenza li aiuti a costruirsi. Gli adulti devono indicare i limiti, spingere allo sforzo intellettuale ed esigere una certa solitudine riflessiva. Tutto ciò per insegnare ai ragazzi a riflettere da soli.

Il pedagogo è colui che riesce a far sentire agli allievi che l’esercizio dell’intelligenza critica può essere una fonte di piacere. I demagoghi invece propongono sempre le soluzioni più facili e soprattutto fanno sempre appello a un’identità collettiva, una sola per tutti, dove si annulla ogni singolarità. A scuola, ma anche al di fuori, nella corsa al consumismo, nella moda, nella politica e perfino nella pratica artistica. Il demagogo è il pifferaio magico che seduce e ci conduce al disastro.

L’autorevolezza che nasce dall’esempio della singolarità si fa sempre più rara. È sempre più raro trovarsi di fronte a un adulto capace di pensare con la propria testa e di avere un comportamento indipendente, un adulto che dia l’impressione d’essere veramente se stesso e non il prodotto di mode e pensieri dominanti.

La perdita globale di spirito critico è figlia del bombardamento pubblicitario televisivo cui sono sottoposti sempre di più i bambini e i giovani. La pubblicità stuzzica in permanenza il loro desiderio di possedere (che in loro viene immediatamente confuso con un desiderio d’essere), trasformandoli tutti in clienti. Il pedagogo deve provare a decostruire questa situazione, tentando di trasmettere il piacere di comprendere, in modo che un allievo possa anche decidere di riflettere invece di passare il suo tempo a consumare. Il che è già una manifestazione di spirito critico.

D. Pennac
Da intervista di F. Gambaro per Repubblica