A cosa serve la cultura
Per Mike Bongiorno l’ammirazione per la cultura sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a guadagnar denaro.
Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. L’uomo mediocre rifiuta di imparare ma si propone di far studiare il figlio.
M. B. ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore (“Pensi, ha guadagnato già centomila lire: è una bella sommetta!”).

M. B. anticipa quindi, sul concorrente, le impietose riflessioni che lo spettatore sarà portato a fare: “Chissà come sarà contento di tutti quei soldi, lei che è sempre vissuto con uno stipendio modesto! Ha mai avuto tanti soldi così tra le mani?”

M. B. come i bambini, conosce le persone per categorie e le appella con comica deferenza (il bambino dice: “Scusi, signora guardia…”) usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: “signor spazzino, signor contadino”.

M. B. accetta tutti i miti della società in cui vive: alla signora Balbiano d’Aramengo bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta di una contessa (sic).

Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate.

Elargendo denaro, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di guadagno. Mostra di credere che nella dialettica delle classi, l’unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il volto della Televisione).

U. Eco
Dal libro Diario Minimo