Se i giapponesi, infatti, che devono dividersi in tanti un’isola piuttosto stretta, possono dormire nei ‘loculi’ di certi alberghi di Tokyo e schiacciarsi su affollatissimi metro, negli Stati Uniti – dagli spazi sconfinati – una gran parte di persone ha la sua automobile e la sua casa, ogni casa ha il suo giardino e, all’interno della casa, ogni figlio ha la sua stanza. Se un turista italiano si reca in America o in Giappone, è probabile che in relazione alla diversità degli spazi collettivi cambi abbastanza automaticamente anche il suo respiro, la percezione del suo corpo e il suo stato di coscienza. E’ abbastanza frequente, dopo tutto, per una tendenza alla sincronizzazione che è automatica tra esseri umani, trovarsi a imitare il respiro di un’altra persona – quindi, a maggior ragione, quello di un’intera popolazione – e di conseguenza anche il suo stato di coscienza.