Il piacere di vivere in città
Perché potremo recuperare questa dimensione solo attraverso spazi naturali che ci restituiscano la relazione col corpo.
James Hillman, nella sua analisi sulle conseguenze del culto della razionalità nella cultura occidentale, presenta il quadro di una società fatta da individui sostanzialmente incapaci di relazionarsi gli uni con gli altri e con il mondo esterno. Questo deriva, secondo Hillman, in gran parte dall’incapacità di ascolto del proprio corpo che attraverso le sue reazioni, le emozioni, è il mezzo che l’uomo ha per relazionarsi con la realtà.

Le emozioni, dice il filosofo, sono le reazioni immediate del corpo all’ambiente, il modo in cui il corpo ci aiuta a comprendere cosa nell’ambiente ci dà piacere, cosa ci crea disagio o rabbia.

Il non sapere più riconoscere l’origine delle emozioni si riflette nel modo in cui concepiamo la città che, perso il contatto con l’uomo concreto, non rappresenta più il luogo che l’uomo crea a sua misura e per rispondere alla sue esigenze, ma diventa un luogo estraneo a cui il corpo e il comportamento dell’individuo devono adattarsi.

Il sentirsi esclusi ed estranei allo spazio cittadino provoca disagio e, il non comprenderne l’origine, può causare negli individui avvilimento e quindi stati depressivi; ma può anche sfociare in rabbia e aggressione verso lo spazio stesso: il vandalismo è il modo che l’individuo escluso ha, lasciando un segno concreto, per riappropriarsi dello spazio.

La direzione che Hillman indica per restituire il piacere di vivere la città è quella di recuperare il rapporto con le emozioni, e quindi con il corpo, e attraverso queste creare degli spazi che siano naturali per l’uomo, cioè che seguano le leggi della Natura alle quali anche il corpo ubbidisce.

Veronica Vignati
conclusioni tesi di laurea facoltà di Architettura del Politecnico di Milano